Antonio Cabrini e la nostalgia di terzini sinistri moderni in Italia

Antonio Cabrini, ex giocatore della Juventus e del Bologna, nonché ex allenatore di calcio, è e resta uno dei campioni più indimenticabili di sempre. Per qualcuno il terzino italiano più olandese che sia mai esistito. Fra le sue qualità indubbiamente, tutti dal Trap fino a Bearzot, riconoscono: corsa elegante, qualità tecniche, posizione tattica, grinta da vendere e un sinistro sensibile. Come disse quando aveva 19 anni il suo allenatore alla Juve tale Giovanni Trapattoni.

Se dopo Cabrini, l’altro grande terzino di successo con il Milan e in azzurro fu Maldini, oggi si può affermare che questo ruolo è vacante. Sia in A che in Nazionale. E data l’importanza non esigua di coprire la fascia mancina con qualità, propulsione e ripiegamento tattico, il vuoto lasciato da Maldini e Cabrini, non è cosa da poco.

Ma cosa contraddistinse così tanto Antonio Cabrini?

Antonio Cabrini: carriera e successi con la Juve

Cabrini nasce a Cremona e presto nella città natale esordisce. A 15 anni fa un provino presso i biancorossi e il mister di allora, suo poi fido consigliere, Nolli lo reinventò da ala sinistra a terzino sinistro. Lo spostamento inizialmente non fu gradito al ragazzo, ma la giustificazione di mancanza di fantasia, lo convinse a restare sulla fascia ma più arretrato. L’anno dopo esordì in C1 con la squadra nativa. A seguire nel 1975-76 passa all’Atalanta con uno score di 35 presenze e un goal. Due anni dopo, nel 1976, arriva alla Juventus.  Qui comincia una serie di successi che lo portarono a essere uno dei più vincenti degli anni ’70 e ’80. La Juventus è quella di Giovanni Trapattoni che della giovane promessa dichiarerà che il suo equilibrio psico-fisico è molto buono, ma che deve migliorare con il destro, specie in partita. Nei fatti quel destro poco sicuro resterà sempre il difetto del terzino bianconero.

L’exploit del giovane Cabrini si ha, però, più tardi rispetto all’arrivo in bianconero. Il primo anno gioca 7 partite con un goal. Il suo esordio fu contro la Lazio nel 2-0 della Vecchia Signora. Ma l’esplosione, che a parte qualche momento negativo, lo fa restare fisso sulla fascia sinistra della Juve per anni arriva l’anno dopo. Diventa titolare inamovibile.

Con la squadra di Torino vince sei scudetti, due Coppe Italia, una Coppa Campioni, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa, una Intercontinentale, una Supercoppa Europea e un Mondiale per Club o ex Coppa Intercontinentale.

Lui e Scirea e pochi altri campioni furono fra i primi a sollevare le tre maggiori competizioni internazionali.

Come dichiarato in questa intervista all’Insider, Cabrini resta uno dei giocatori da sempre più apprezzati dai tifosi, oltre che per i risultati, per l’impegno e la dedizione verso la propria squadra.

In azzurro: il successo in Argentina e il Mondiale ’82

In Nazionale la sua popolarità, finora confinata al pubblico torinese, si accresce sia come calciatore che come Golden boy. Dopo l’esordio in Italia-Francia 2-1, mondiale del ’78, il ragazzo più acclamato di Torino diventa il Golden Boy o Fidanzato d’Italia per tutte le sportive. Il successo mediatico senza precedenti fece perdere la testa al “Bell’Antonio” che accusò la pressione e si ritrovò in panchina per una frazione della sua carriera: esattamente nei primi mesi del ’78-79. Come ritornò titolare nella Juventus, altrettanto accadde in Azzurro. E questa volta, senza più distrarsi, il suo percorso culminò con il successo più importante: Spagna 1982, il Mondiale di Bearzot e Rossi. Nemmeno il suo erroraccio dal dischetto contro la Germania sul risultato di 0-0 resta più nella memoria. Quell’anno infatti, con l’aiuto di Scirea e Gentile, Antonio Cabrini contribuì a fermare Maradona e altri affermati campioni.

Campione del Mondo con Bearzot il suo percorso in azzurro proseguì con Vicini, ma la parabola discendente degli Azzurri ’82 coinvolse anche lui. Prima la ancata qualificazione a Euro ’84 e poi il Mondiale Messico ’86, dove l’Italia fu eliminata agli ottavi.  Da quel momento in poi, con l’addio di Scirea divenne capitano.

L’addio alla Nazionale inedito: ottobre 1987

Nell’ottobre del 1987 Cabrini salì alle cronache non per risultati sportivi, goal o gossip, ma per un’inedita dichiarazione. Per la prima volta, tramite comunicato stampa, un giocatore rinunciava alla causa azzurra. E lo faceva pubblicamente.

Con la maglia della Nazionale sarà ricordato per sempre come il difensore più prolifico della storia: 73 presenze e 9 reti, record assoluto!

L’addio alla Juventus e l’approdo al Bologna

Dopo alcune divergenze con Zoff Antonio Cabrini lascia la Juventus nel 1989. Con la squadra bianconera ha vinto tutto, totalizzando 297 presenze e 33 reti in serie A o 440 presenze e 59 goal in tutto. Con la cara Vecchia Signora ha anche aspirato a vincere il Pallone d’oro, ma il massimo a cui è arrivato è stato il terzo posto nel 1978.

L’avventura nei due anni finali in Emilia lo vede protagonista ancora vincente. Nessun trofeo e nessuna coppa, ma la qualificazione ai quarti di finale di Coppa UEFA.

Dopo la squadra felsinea, il “Bell’Antonio” diede l’addio al calcio giocato.

Come giocatore fu gradito a tutti gli allenatori, compagni di squadra e dirigenti per la sua costanza e la sua capacità tattica. Antonio Cabrini rappresentò uno dei primi terzini sinistri all’olandese o se vogliamo alla brasiliana: capaci di difendere, ma anche di attaccare con qualità. Grazie al suo magico sinistro e agli inserimenti su palle da fermo rappresentò una nuova generazione di giocatore moderno. Meno statico, meno marcatore, ma più ala bassa, con indubbie qualità di dribbling e di spinta.

Antonio Cabrini: allenatore

Dopo dieci anni e dopo aver gestito le scuole calcio juventine, Cabrini decide di intraprende la carriera di allenatore. La sua prima occasione è con l’Arezzo in C2. Poi a seguire con il Crotone nel 2001 e il Pisa nel 2004. Senza successi particolari decide poi di allenare nel 2005-06 il Novara in B.

Lasciato il calcio italiano, accetta l’avventura siriana nel 2012. Dura poco, perché l’organizzazione poco chiara della nazionale asiatica lo induce a ritornare in Italia.

E qui si dedica a un’altra impresa: l’avventura nel calcio femminile.

Antonio Cabrini nel calcio femminile: niente successi ma tanta visibilità

Nessun trofeo portato a casa, ma un impulso notevole allo sviluppo del settore femminile nel calcio. L’ex juventino guida le azzurre nell’Europeo 2013 e si ferma ai quarti di finale. A seguire perde la qualificazione per il Mondiale 2015 contro i Paesi Bassi. Ultimo atto nel 2017, quando partecipa all’Europeo del 2017, ma non supera il girone eliminatorio.

Antonio Cabrini gossip

Il fidanzato d’Italia o Golden Boy ha sempre fatto parlare di sé, anche quando ha partecipato all’Isola dei Famosi nel 2008. Di lui si sono raccontati negli anni falsi o veri o presunti flirt. Attualmente, a 62 anni, è sposato felicemente con Marta Sannito, ammiratrice da ragazzina del Bell’Antonio e attualmente impegnata nella moda. Il sindaco che ha presieduto al matrimonio è stato l’attuale primo cittadino di Milano Giuseppe Sala.

In passato Antonio Cabrini si sposò con Consuelo e da lei ebbe due figli.

Che fine ha fatto Antonio Cabrini?

Così come s’è inventato da terzini solo difensore a terzino d’attacco negli anni ’70 e ’80, anche oggi Cabrini ha saputo modernizzarsi e adeguarsi alle esigenze della società. Dopo varie esperienze fra talk show e campi di calcio, ha deciso di aprirsi al mercato del web.

Oggi ha aperto un sito e un’azienda di mental coach dove mette a disposizione il suo bagaglio di esperienze personali e vincenti per marketing, organizzazioni no-profit ed eventi che ricerchino testimonial.

Antonio Cabrini e Paolo Maldini: il vuoto della fascia sinistra

L’Ha detto anche lui, con le sue parole, quattro anni fa a Gianluca Di Marzio: “È un dato oggettivo che oggi manchino terzini sinistri, spesso sono destri che provano ad adattarsi a sinistra, ma non ce li vedo bene; si posso trovare anche giocatori sinistri ma non adatti a coprire tutte e due le fasce”. Come dargli torto, i nomi poi usciti in questi anni, dopo il suo grande erede Paolo Maldini, sono quelli di Spinazzola, Biraghi, Emerson e De Sciglio. Insomma di un terzino moderno come lui, di un campione che ha corso su quella fascia per vent’anni, di un nuovo Maldera o Maldini o Cafù o Suurbier, l’Italia di Mancini ne avrebbe bisogno, come il pane.

Chissà mai che presto o tardi arrivi. Magari da un ragazzino con la testa poco montata e che segue il calcio per divertimento, come se fosse un gioco. Proprio come accadde ad Antonio Cabrini, soprannominato “Il Cabro”, in un giorno lontano del 1973      .