Bauscia e Caciavit. Il Derby di Milano è tutto qui

Stadio Giuseppe Meazza San Siro - Foto: Alessandro Delfiore
Vedi anche

Bauscia e Caciavit. Biscioni e Diavoli. Comunque li si voglia chiamare, i tifosi di Inter e Milan sono i veri attori del Derby

Un Derby che si comincia a giocare prima nelle case, negli uffici, nei letti degli amanti e, o, nei bar, ma sempre con il fioretto dell’ironia.

E questo va riconosciuto anche ai gonzi, benché non siano poi così intelligenti, ma tant’è.

Di Derby, a partire dal 1965, ne ho visti tantissimi e anche se in palio c’era la Lippa del Pep, li ho sempre vissuti con tanta agitazione.

Sì, perché noi interisti i Derby li viviamo con un’agitazione terribile, al contrario dei cacciaviti che arrivano al calcio d’inizio con la certezza di aver già vinto e poi? E poi se ne tornano a casa dopo che l’han cipaà nel lisca.

Quante volte è già successo e quante succederà? Ma tantissime, Milano è stata, è e sarà prettamente nerazzurra.

I miei ricordi di bambino interista partono da lontano. Era il 28 marzo del ’65. Il mio primo Derby. La mia prima volta al Tempio, non avevo ancora compiuto 5 anni (li compio il 5 maggio … un giorno ne scriverò. E il primo che parla Và a cà a petenà i gaenn!) mi sono presentato allo stadio con il mio papà indossando orgogliosissimo una sciarpetta nerazzurra e sottobraccio un cuscinetto anch’esso nerazzurro.

Prendendo posto sui gradoni di cemento, un signore, con i colori dei gonzi, mi disse “Ciau nanin, te se vegnù a vedè il Mazzolino perdere?”. Lo stesso signore, dopo che il Mazzolino gliel’aveva piazzata due volte nel dedreé, si alzò e disse qualcosa tipo: “Orcudighel, l’è minga pusibil. Se poeu no perd inscì”. E la sua faccia potrebbe tranquillamente essere paragonata a quella del Ruspa di domenica sera.

Rientrando a casa incontrammo il Signor Mario, il custode che, da milanista, mi guardò e mi disse: “Uhe, pinella! Te se cuntent, eh?” e giù una bella carezza da un uomo tranquillizzante che era solito regalarmi le caramelle Rossana.

Avrete notato che i ricordi sono in milanese. Eh sì! In quegli anni il milanese era ancora molto diffuso in città e benché i miei fossero di Lecce, credo che le prime parolacce che imparai furono “pirla” e “balabiott” e non certo i coloriti epiteti salentini.

Quella partita segnò una svolta importante. Il Milan, che era in testa al campionato, venne successivamente raggiunto e superato e noi andammo a vincere lo scudetto.

Era la grande Inter di Herrera, quella di cui persino i gdm conoscevano il mantra: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi ….

Di quel Derby in realtà ricordo poco. Il signore di cui vi ho parlato, un gol di Mazzola che scartò mezza difesa e la gioia di aver vinto. Il ritorno a casa con la 600 ed il commento alla partita alla radio. Tutto un’altra storia.

Ma è proprio da lì che possiamo datare la nascita vera e propria della “malattia Inter”, anche se poi in realtà i primi sintomi erano stati già rilevati qualche tempo prima.

Ricordo che mio fratello aveva comprato una carta per ricoprire i libri di scuola (ai tempi si usava) a strisce nerazzurre con i palloni gialli.

Quella roba lì era una figata tale che volli a tutti i costi avere anche io quella copertura sui libri, ma non andando ancora a scuola, mio fratello fu costretto dalla mamma, tra i mugugni di un rompicoglioni in età prepuberale, a ricoprirmi un volumetto di Tiramolla.

Sarà questa atmosfera che ancora oggi si vive in città a rendere questa partita speciale e soprattutto a rendere speciale Milano? Così poco simpatica a chi vive fuori dalla cerchia dei Bastioni, ma si sa: dopo i Bastioni vivono i giargiana.

a cura di Kongo

ACMilan