Quagliarella e Pellissier: eroi d’altri tempi, lasciateceli ancora un po’

Fabio Quagliarella e Sergio Pellissier: le due bandiere che a più di 30 anni reggono ancora le sorti delle proprie squadre sulle loro spalle. Come non dedicare due righe a questi due eroi?

Quagliarella e Pellisier: l’eterna giovinezza

Se ci ispiriamo alla “moda Ronaldesca” di abbreviare cognome e nome con le due sigle iniziali, dovremmo chiamarli FQ27 e SP31. Ma preferiamo rispettare l’antico lignaggio con cui venivano riconosciuti i campioni storici del calcio italiano. Chiamiamoli ancora Fabio Quagliarella e Sergio Pellissier. Poi quando anche la loro generazione lascerà questo calcio, allora ci adegueremo agli innovativi nomi moderni. D’altronde questi due uomini sono gli idoli non di una tifoseria sola, ma di tutta la penisola. Perché non c’è niente di più poetico e romanzesco che descrivere le imprese di quei giocatori che il calendario troppo spesso etichetta come “anzianotti”. E chi dimentica ancora oggi, dopo quasi decenni o ventenni, quello che fecero Roberto Baggio, Pietro Vierchowod, Paolo Maldini, Javier Zanetti, Ciro Ferrara, Giusepe Signori, Gianfranco Zola, Roberto Mancini ecc…Ci sarebbe un elenco che arriverebbe fino a Rivera e Facchetti, minimo.

Due uomini che amano ciò che fanno

Così in un calcio che si evolve oggi, alla velocità della tecnologia, godiamoci gli ultimi mesi o anni di questi due eterni eroi immortali, nati ed emersi dalla gavetta e ancora protagonisti nel calcio che conta. Esaltiamo ancora l’amore per la maglia, la voglia di lavorare e l’energia nel giocare. Ma che giocate fanno questi due over 30. Non chiedono nulla, si godono solo l’affetto del pubblico. A loro non interessano le offerte milionarie di sceicchi, patron americani e presidenti russi.

No, loro, che, pure mercato potrebbero averne, sono lì. Vivono nel loro calcio di provincia, fra i ragazzini freschi e i loro cari mai domi compagni. Trofei, forse zero o forse uno o forse due in carriera, nulla più. Due storie diverse, due persone forse diverse. Eppure due uomini da bava alla bocca, mai domi, mai arrendevoli.

Sergio: la speranza di una salvezza

Addirittura Sergio, Sergio 31, il capitano ancora oggi è una delle poche speranze che ha il Chievo per giocarsi una salvezza che due mesi fa era data per spacciata. E invece, con le dovute distanze, i clivensi sono lì. Usciti dalla crisi della penalizzazione e ora devono solo camminare. E l’uomo, che non si abbatte mai, che lotta su ogni palla, che spera in una rete ogni volta che gli arriva la palla è lui: Sergio Pellissier. Non una bandiera, ma l’allenatore in campo, il leader, che i gialloblu prima non avevano. Ah, sia lode al Signore, se ancora possiamo ammirare i goal, gli istinti e le rapacità di Sergio Pellissier. Intanto segniamo sul taccuino: 112 reti i  serie A in 453 partite.

Quagliarella, la seconda giovinezza e la convocazione in Nazionale

E che dire di mister goal eccezionali e incantevoli? Come non ammirarlo? A 36 anni, con i suo record di 11 goal consecutivi e un totale di 143 reti in serie A! Come poteva Mancini, davanti a tanta seconda giovinezza e grazia del calcio, non pensare di offrirgli un’altra possibilità???

Infatti la notizia che è arrivata è quella di uno stage in programma per la Nazionale a cui potrà partecipare anche Fabio Quagliarella. Lasciate stare i goal di tacco, da ogni angolazione delle telecamere. Non pensate ai goal stupendi che da sempre ci ha regalato. Non fermatevi nemmeno alla freddezza con cui calcia i rigori. Ammirate la corsa che fa il capitano doriano all’80 minuto, quando va a prendersi il cambio campo di Saponara e perfeziona il rasoterra per Gabbiadini. Uno che non smette mai di crederci. Come a Firenze, quando in pochi minuti ribalta una partita.

Uno così, voglio dire, come fa a non ammirarlo? Come fai a non volergli bene? Come fai a non convocarlo?

Quagliarella e Pellissier: grazie al Cielo ci siete voi

Che dire allora di questi due indomiti capitani; giocatori tecnici e persone straordinarie. Mai a fare una polemica, sempre disposti ad accettare le decisioni del mister, senza mai turbare l’ambiente. Però quando sono in campo, ecco che il loro peso si sente. Due così valgono ancora più di mille giovani piagnucoloni, viziatelli (gasati dai propri procuratori) e sempre lì con l’orecchio teso a fiutare la nuova milionata in arrivo. Magari la chiamata della Premier o quella dei russi o quella addirittura di campionati poco competitivi come quelli del Quatar. Sempre pronti a mostrare esuberanza e vanità di fronte all’occasione di arricchire portafogli giù succulenti.

Ma grazie al Cielo, la vecchia generazione, quella cresciuta con capitani e miti immortali come Totti, Del Piero, Maldini, Bergomi, Baresi e Di Natale sanno che a volte l’aver vissuto per una maglia o il sentire di vivere per una maglia sola regala più ricchezza di un contratto milionario.

Ecco, quando Quagliarella e Pellissier lasceranno la nostra serie A, saremo pressappoco un campionato di mercenari e che i tifosi non si illudano di gesti plateali come le mani sul cuore o il bacio della maglia.

I nostri eroi di provincia, i nostri capitani, i nostri bomber sono l’ultimo atto poetico e romantico di un calcio ormai in versione marketing e merchandising, con tutto, uomini compresi.