Italia-Bosnia: la cura c’è, ma non facciamo i soliti giornalai

Un piede e mezzo all’Europeo. Lo strillano a gran voe in TV, lo dicono nelle dichiarazioni e lo annunceranno oggi sui giornali. Come se le esperienze recenti alla qualificazione Mondiale e in Champions League non ci abbiano insegnato nulla. Prima di profetizzare scenari grandiosi, sarà meglio andare con i piedi per terra. E bravo capitan Chiellini che ce l’ha ricordato.

Italia-Bosnia 2-1: segnali positivi dalla cura Mancini

Che Mancini piaccia alla stampa e alla stampa forse piace Mancini non è una novità. Si, è vero, sotto certi punti di vista l’Italia in cancrena dal dopo Mondiale sta guarendo. Di questo al Mancio bisogna dargliene atto. Anzi propriamente ringraziarlo. L’Italia vista ieri sera, soprattutto quella del secondo tempo, è una Nazionale che ci piace. Volitiva, aggressiva, concreta e mai spaventata. Certo davanti non avevamo una delle top 4 del mondo, però la Bosnia i suoi campioni li ha. Diciamo che la nazionale di Ventura dopo quel 0-1, così ricamato, cucito e spillato si sarebbe sentita punta al cuore. L’azione del vantaggio bosniaco è di una qualità tenica da applausi: dalla costruzione alla finalizzazione. La banda Mancini è stordita. Riesce più con il sangue negli occhi che con il gioco a farsi vedere sotto porta.

Ma una cura a quell’abbattimento morale della Nazionale che aveva abbandonato i Mondiali c’è. Mancini toglie un Quagliarella che si prende gli onori del campionato, ma non riesce mai a conquistarsi la Nazionale e mette furetto pazzo Chiesa. Falso nueve alla spagnola o in stile Spalletti e squadra che torna a produrre calcio.

La magia di un leader tanto atteso: Lorenzo Insigne

Ma ci vuole quella volè, quel colpo al volo, quel tiro potente da fuori area di Insigne per far si che la cura si senta. La linfa di una nuova Italia, vispa e coraggiosa, si avverte. L’Allianz Stadium fa il suo dovere, ma serve quel colpo per costringere la Bosnia ad abbassare le ali. Goal di frattura pregevole. Rete che catapulta il ragazzino malvoluto di Napoli e odiato da Ventura a nuova luce sibillina e fantasiosamente radiosa della Nazionale Mancini. Lorenzo Insigne con quel goal si prende l’Italia e forse si candida anche a giocare in quello stadio. Chissà…

Un mezzo capitano che diventa leader

Già in Grecia aveva fatto vedere che a lui, quel ruolo, con tanto spazio e possibilità di schioccare il pallone, piace. L’aveva capito Sarri, l’ha compreso anche Mancini.

Se poi ci aggiungiamo che proprio il numero 10 appoggia la palla-assist a Verratti. Allora è pronta l’ovazione all’italiana per il genio di Frattamaggiore. La serata che lo accoglie fra quei piccoletti che costitiscono la mitologia del calcio nostrano. Pensiamo a Schillaci o Signori o Baggio o Paolo Rossi. Genietti che a volte sbagliavano cose facili, ma poi una sera ti facevano dire: come ca…avrà fatto? Ecco Lorenzo, il fratellino di Roberto, è uno così. A Napoli forse devono ancora capirlo, ma è proprio quel tipo di giocatore. Stasera come avrà fatto a fare quel goal lì?

La cura Mancini: idee nella testa e coraggio nelle gambe

Ma intanto la cura c’è, si diceva. E’ vero. Sotto di un goal, in uno stadio, dove un anno fa siamo stati umiliati dalla Spagna, la squadra reagisce con voglia, idee e propositività. Lo fanno i lanci di Barella, i tentativi di Jorginho, le sgroppate di Chiesa e le invenzioni del duo ex pescarese Verratti-Insigne. L’Italia non ha dominato la Bosnia, ma ha vinto la partita che doveva vincere. Una cosa che da tempo non sapeva più fare. Non si è impantanata insomma, ecco.

La cura Mancini, non tanto nel tridente a centrocampo e in attacco, ma nella testa dei ragazzi c’è! Colpisce specialmente quel gioco, un po’ sarriano, fatto di passaggi corti, rapidi e palla a terra. Io di campanili non ne ho visti. Ho contato piuttosto quelli vacui dell’attacco bosniaco a cercare Dzeko.

Paolo Rossi a Rai Sport : non abbiamo un centravanti fisso

E guarda caso il centravanti fa spesso saltare il gioco. Lo faceva lo stesso Ibra all’Inter con Ibra e lo fa la Bosnia con Dzeko. Tanto meglio, ne guadagna la difesa che con Chiellini e Bonucci controlla il campione bosniaco. E si vede che Mancini di Balotelli al City e di Ibra si deve essere ricordato. Lo diceva stasera Paolo Rossi “Non abbiamo un centravanti fisso. Mancini non ha ancora scelto quei due attaccanti che fanno da centravanti, ma ruota a seconda della condizione fisica“. L’ha intuita bene Paolito. Mancio sembra tenere tutti i possibili centravanti sulla corda e intende usarli quando davvero fanno la differenza. Vedi Belotti in Grecia.

Non abbiamo più bisogno di avere la certezza dell’attaccante e non ne dipendiamo per sempre. Grande idea, da calcio moderno, da Ajax e da Liverpool, da Tottenham e da Real Madrid. Il colosso in stile Riva o Vieri è passato di moda. Eppure di questa assenza, ne guadagna il gioco che si apre sulle fasce e si chiude armonicamente al centro quando c’è da fare legna. Le linee sono così più corte e gli avversari hanno il triplo delle difficoltà. Anche perché un Immobile mobile così come quest’anno, sicuro non serve.

Italia-Bosnia commento: non facciamo i giornalai

Ma se la medicina è stata trovata rispetto al cielo funesto di quella notte di novembre a San Siro, la degenza non è completa. L’Italia di Mancini deve ancora sudarsela la qualificazione. Altro che “abbiamo già mezzo piede all’Europeo”. Ci piacerebbe eh…

Io leggo Finlandia a -3 da noi e Armenia a -6. E il 5 settembre andremo proprio in queste terre ostili a prenderci quei punti necessari ad arrivare all’Europeo 2020. Ma non facciamo i soliti italiani voltabandiera. Prima la Nazionale era in crisi abulica, anemica e malata terminale, oggi è splendente, solare e vincente. La qualificazione non c’è e l’ha detto bene Bonucci. A settembre poi alla ripresa i nostri di soliti impiegano intere settimane per immettersi nel campionato. Quindi mai dare nulla per scontato. Vero è che la posizione è favorevole, ma fra scandali, infortuni e sfortuna, il debito azzurro non è come quello italiano, ma ci va vicino.

Diciamo che la cura Mancini ci dice che l’Italia c’è e ha una preziosa bella gioventù da usare. Anche se l’Under 20 proprio ieri ha perso in semifinale e non sapremo cosa farà l’Under 21, l’impianto scolastico italiano non è finito. Lo dimostrano le geometrie di Verratti, le giocate di Barella e la fantasia di Insigne, ma è presto per dire che siamo tornati agli anni magici degli anni ’90 o del 2006 o del 2012.

Non facciamo i soliti calcoli all’italiana (quell che spesso mettono giudizi ingannevoli sui gironi di Champions o sulle avversarie delle fasi finali); se fossimo la Juve con 13 goal fatti e uno subito, allora potremmo dire è fatta. Ma siamo l’Italia è ben diverso. Comportiamoci da razionali come non lo siamo mai stati: la strada per questa nuova Italia è ancora lunga, ma il seme è buono. Speriamo che dopo l’estate maturi sempre più.