L’Inter 2 Samp 1, questa volta il cuore c’è e batte forte

Carattere e determinazione permettono all’Inter di battere la Sampdoria e centrare così la terza vittoria consecutiva.

Dite la verità, come stavate al fischio finale di Inter – Sampdoria? Euforici? Contenti per la vittoria? Schiumanti verso Icardi? Io ero sudata marcia, in maniche corte – io che vivo attaccata al plaid da ottobre a maggio – e sfinita. Vincere domenica era troppo importante. Importante per finire la settimana con tre vittorie consecutive. Importante per cercare di smorzare le polemiche che da sempre gravitano intorno alla nostra squadra. Importante per tornare a più quattro sui cugini rossoneri che in caso di sconfitta o pareggio sarebbero stati terribilmente vicini, e in un momento davvero delicato, rendendo tutto l’ambiente Inter ancora più fragile. Importante per dimostrare al pubblico, più di 50000 presenti sugli spalti anche domenica, nonostante tutto, che questa squadra lotta ancora ed è pronta a mettere in campo i suoi valori tecnici e, quando serve l’anima.

Che poi diciamocelo, noi non chiedevamo molto di più che questo… Di vedere undici calciatori, più i subentranti giocare con il cuore, oltre che con i piedi, e mettere la giusta concentrazione e determinazione  per portare a casa una vittoria, o perlomeno una prestazione degna di questo nome. Perché se non sei determinato non trovi il 2 a 1 dopo che ti hanno appena fatto il gol del pareggio per un rimpallo nella tua area, al primo tiro in porta, mentre senti ancora correre lungo la schiena l’adrenalina per il vantaggio appena realizzato. Perché se non ci stai mettendo il cuore non esulti all’1 a 0 come se avessi appena fatto un gol nella finale dei mondiali: D’Ambrosio non segna tanto, e non è mai stato Maicon, ma i suoi gol sono sempre tanto pesanti. Se non ci tieni non esulti come al raddoppio come De Vrji, da solo a centro area, a pugni e occhi chiusi. Né urli come Skriniar, interrompendo l’apnea dei tuoi tifosi, su un salvataggio in calcio d’angolo a pochi secondi dalla fine. Se non decidi che è il momento di mettere di nuovo in campo il tuo tasso tecnico e di farlo pesare, non vai come Perisic a recupera una palla, che sembrava ormai persa, alla bandierina per ubriacare il tuo avversario diretto, sfornare un cross perfetto, solo da insaccare in fondo alla rete. Un’azione tanto bella per rapidità, abilità e precisione da farci strofinare gli occhi e guardare il calendario per fare un rapido calcolo di quando fosse stata l’ultima volta che avevamo visto fare al numero 44 croato un numero di tal genere.

Perisic, Nainggolan, la difesa, Lautaro: i motivi per sorridere

Le note positive non si fermano a Perisic, ma continuano con la costante crescita di Nainggolan, ogni giorno più vicino alla forma migliore, e determinato, a quanto pare, a rispettare il patto – parole sue – stretto con la società. Per non parlare di De Vrji e Skriniar, sicurezza e vera forza di questa Inter, che avrà tanti problemi, ma sicuramente non in difesa. Infine Lautaro Martinez, che non ha segnato, ma ha fatto un’ottima partita, dialogando con i compagni e trovandosi in più di un occasione vicino a una rete che sarebbe stato la terza in altrettante partite consecutive.

L’affaire Icardi: l’altro lato della medaglia

Quindi, tutti contenti? Insomma, perché finita l’adrenalina della partita, anche noi tifosi ci siamo spaccati su quel particolare chiamato Mauro Icardi, seduto a bordo campo accanto alla moglie Wanda Nara, con un cappellino calato sugli occhi a nasconderne le espressioni e emozioni. Già il capitano degradato, per qualcuno vittima di oscure manovre societarie, per altri indegno di indossare la fascia e di rappresentare l’Inter. Non ci sono mai state vie di mezzo con Icardi, o lo si ama o lo si odia, o come la sottoscritta l’amore provato per lui è pari alla delusione per il suo atteggiamento degli ultimi giorni: prima il rifiuto della convocazione in Europa League, poi le frasi sibilline a mezzo social e infine il marcare visita (?) per un’infiammazione al ginocchio con la quale convive da molti mesi (è notizia di queste ore la decisione della società di far fare al ragazzo delle visite mediche più accurate per scoprire la natura di tale dolore). Quello che più mi dispiace dell’affaire Icardi è che stiamo, noi e lui, disperdendo il patrimonio di una comunanza di intenti per non si sa bene cosa. Rinnovo? Soldi? Orgoglio ferito? Spaccatura con i compagni e con il mister? Fatto sta che nonostante la vittoria con la Sampdoria, l’Inter ha bisogno di Icardi e Icardi ha bisogno dell’Inter se vuole riprendere in mano le redini della sua carriera, quella di un bomber di razza, sia che poi continui a calcare l’erba di San Siro o quella del Santiago Bernabeu. Sarebbe auspicabile a questo punto mostrare un po’ di intelligenza in più per sanare una frattura piuttosto scomposta, in modo da arrivare a giugno nel miglior modo possibile e poi fare le dovute valutazioni. Certo, dovesse andarsene sarebbe un peccato non solo tecnico, ma anche perché sarebbe stato così bello avere di nuovo un giocatore che avesse scelto di passare la sua carriera agonistica con indosso il neroazzurro, magari alzando qualche trofeo, dopo un periodo di difficoltà. E invece, sia che rimanga, sia che parte, tutto ciò che poteva esserci di romantico è ormai andata in fumo, come le foto bruciate ieri sera da Wanda Nara in un rito beneagurante per il compleanno del marito. Tanti auguri Mauro, buon compleanno, vedi di farti un regalo, metti da parte l’orgoglio e riprendi il tuo posto in squadra, forse non avrai più la fascia, ma potresti comunque continuare a essere fondamentale per questa stagione.

E agli altri non diciamo niente?

Però non dimentichiamoci che se Icardi ha costituito un problema tanto grosso per l’Inter da vedersi togliere i gradi di capitano, qualche parola la meriterebbero anche i suoi compagni, quelli che, a quanto si dice, gli avrebbero tolto l’appoggio e chiesto la revoca della fascia. Perché se qualcosa di personale è evidentemente successo nell’ultimo periodo, queste incomprensioni hanno avuto delle ripercussioni ingiustificabili in campo. Sono mesi che, ad esempio, uno come Perisic, indicato da più parti come uno degli attori in questa triste vicenda, non interpretava la partita come fatto domenica. Mesi che non saltava l’uomo, che non metteva un cross decente dentro l’area di rigore. Altro che #PerisictoIcardi, anzi chissà che non sia stato quello l’inizio della fine del rapporto tra i due! Mesi che non esultava a un gol in maniera sincera, anche senza bisogno di abbattere l’autore del gol. Magari è un caso, ma come Icardi si è seduto, lui ha ripreso a correre e a giocare come sa chi ha saputo trascinare la propria nazionale a una finale mondiale solo pochi mesi fa. E Perisic non è l’unico a cui si possa muovere appunti del genere.

E allora, a me che rischio le coronarie ogni settimana, viene da dire che l’Inter, e i suoi tifosi con lei, non si merita il comportamento di questi giocatori che vogliono essere considerati professionisti solo nel momento della firma su un contratto, ma che poi si dimostrano bambini viziati quando le cose non vanno come vogliono loro.

“Nel nostro spogliatoio non entrava nessuno, con tutto il rispetto dei dirigenti. Se non siamo arrivati alle mani, poco ci mancava. Ci dicevamo di tutto, ma di tutto in faccia”: parole e musica di Deki Stankovic, per dire che i giocatori non si devono amare per forza, ma devono avere abbastanza amor proprio e orgoglio per dare tutto in campo, giocando senza farsi ripicchine. Perché alla fine in campo vanno loro, e nel caso, le figuracce poi le fanno loro. E poi perché anche per andarsene servirebbe giocare bene, altrimenti chi ti si piglia? Basterebbe solo un po’ di intelligenza in più, da parte di tutti…