Manchester United – Milan: i 5 pilastri dell’Old Trafford

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Ci sono stadi che sono magici e affascinanti anche da vuoti. Se ci pensi bene, lì, cioè proprio su quel terreno hanno calciato, dribblato e segnato Eric Cantona, Ryan Giggs, David Beckham, Paul Scholes, Wayne Rooney, George Best e ancora più indietro un tale di nome Sir Bobby Charlton. 

Ecco l’Old Trafford è proprio uno di quei templi del calcio che non invecchia mai.

E quando metti il piede su quel terreno, insomma, un po’ ti emozioni. Lo stesso che accade per chi entra a San Siro la prima volta.

Juventus – Milan: 23 maggio 2003

Se poi, in quel prato, hai vinto una Champions League e allora lì la sensazione si fa trepidante, euforica e incontenibile. Perché di quei ragazzi che ieri hanno corso su quel terreno forse i soli Kessié, Calabria e Donarumma (per fede calcistica) conoscono la storia. Una notte che nessun rossonero puro può dimenticare. Anche perché, se lo farebbe non sarebbe un milanista.

Non l’ha fatto Nelson Dida, che è sceso in campo come preparatore dei portieri e una lacrimuccia l’avrà pur versata. Emblematica è la sua foto, dove si aggrappa con i guanti davanti alla rete e fa scattare il ricordo di tutti. Di quelli che quella sera l’hanno visto parare quei rigori con convinzione e fermezza. Di quei ragazzi che hanno sollevato quella Coppa nel confronto diretto con l’eterna rivale di sempre. Di quelli che non avevano la certezza di vincerla, ma hanno visto Roque Junior immortalarsi in campo con mezza gamba, perché allora non c’erano 5 cambi e il Milan non poteva più fare nulla.

Ecco, il primo perché che mi viene in mente è come ha fatto Pioli a trasmettere a quei ragazzi di ieri sera ciò che rappresenta Manchester?

Manchester United – Milan 24 aprile 2007

Avrà loro fatto vedere di quella semifinale nel 2007 persa con orgoglio per 3-2 e dove un meraviglioso Kakà danzava sontuoso, anzi veleggiava in poppa beffando i due giganti rossi e infilando Van Der Sar. Ma ancora prima aveva tagliato da sinistra quel pallone per trovare il pari e costringere il portiere olandese ad accovacciarsi male?

Chissà, se poi nel DVD hanno visto quella sfida spettacolare fatta di colpi di scena, parate straordinarie di Dida, errori sotto porta dei Diavoli Rossi e quel goal fulmineo di Rooney?

Non sappiamo, se quei ragazzi del “Pioli is on fire” hanno mai conosciuto le sorti di quella partita. Non possiamo saperlo se hanno poi saputo che a Milano il Milan giocò una semifinale strepitosa, perfetta ed encomiabile. Sotto la pioggia, bloccando Ronaldo. Senza far toccar palla alla squadra inglese e segnando due goal strepitosi con Kakà e Seedorf.

Ecco, nel campo delle ipotesi che l’allenatore emiliano non abbia detto nulla di quella serata memorabile, allora ancor di più ha valore la prestazione, altrettanto, lodevole di ieri sera.

Manchester United – Milan 11 marzo 2021 1-1

Una partita fatta di sostanza, convinzione, gioco e aggressività. Senza pensare che davanti non c’era Ibrahimovic. Senza cercare Rebic a sinistra o Calhanoglu fra le linee. Senza sperare che dalla fascia mancina arrivasse il solito treno di Theo Hernandez.

Non c’era nessuno di questi, però il Milan ha fatto il Milan. Forse l’ha fatto ancor meglio di quello che fu glorioso nelle due partite di Champions di cui vi abbiamo parlato.

E se non fosse stato per quella sbavatura su Diallo- in stile Dida – di Donnarumma e Tomori, forse il Milan avrebbe potuto ottenere un grandissimo risultato. Perché a conti fatti le occasioni sono state del Milan, ma quel che è mancato sono state la fortuna e un po’ di forza nelle gambe.

Escludiamo dal discorso quel goal pregevole di Kessié (migliore in campo, dominatore assoluto del match) con stop di braccio – dubbio – e colpo di collo nell’angolino, il Milan poteva vincerla. E anche con più scarto. Krunic ha avuto la palla buona, ma si è intralciato da sé; Saelemaekers corre a spron battuto, ma manca di potenza sotto porta; Henderson è riuscito a fermare il Kessié buono; Krunic non ha avuto i tempi di inserimento di testa.

Per fortuna che Kjaer al 91′ trova il goal del pari da calcio d’angolo con uno stacco perentorio.

Ma la descrizione degli highlights, tralasciando quelli dei Diavoli Rossi, non rendono l’idea di una squadra che ha giocato alta, rischiando, costruendo con buone manovre e imbucate, senza timore né tremolio di gambe.

Con due giganti a emergere in mediana: Frank Kessié, ormai detto il presidente e Meitè, che sta crescendo e che ieri ha retto la mediana da solo, correndo, coprendo e sembrando insuperabile.

Pioli il pilastro

E tutto, dal carattere alla filosofia offensiva, dalla qualità tattica a quella mentale è merito di Stefano Pioli. Che in parte ha compreso gli errori fati nel funesto febbraio ed è corso ai ripari. Abbandonando il 4-2-3-1 grafico e preferendogli un 4-3-3 più malleabile, più sicuro e più granitico.

Stefano “il miglioratore” che ha saputo estrarre fuori da questi giovanissimi i fantasmi degli eroi di vent’anni fa. Senza timore reverenziale, senza sentire il gap tecnico (che pure c’è e c’era) e senza partire battuti.

Sconvolgendo, per una sera, le opinioni di chi vedeva un Milan che doveva aggrapparsi più al treno del quarto posto anziché pensare al Manchester. Cosciente che nemmeno metà del lavoro è stato fatto e che a San Siro con i titolari che rientreranno a noi e a loro sarà un’altra sfida di livello ancor più hard.

Ma, intanto quella convinzione emiliana, style Sacchi è nelle gambe di questi rampolli che un anno fa venivano fischiati dopo il pari con il Verona per 0-0 in casa e che oggi rappresentano le speranze del tifo rossonero.

I 5 pilastri di Manchester

Speranze riposte nei titolari inamovibili e per certo uomini mercato. Ma fiducia finalmente concessa anche a quei Meitè, Krunic, Dalot, Diaz e Kjaer che avevano abbandonato un po’ la nave. Chi perché poco chiamato in causa e chi per infortuni o problemi di adattamento.

Meitè subito criticato, seppur fuori posizione contro l’Atalanta, è un giocatore che ha gamba, corsa e pressing. Appare poco in area, ma c’è e anche tanto in mezzo al campo.

Krunic, che molti volevano cacciare a calci a gennaio, è un centrocampista che ha un piede di buon conto (vedi punizione capolavoro domenica scorsa), sa costruire e sa anche giocare in posizione avanzata. Non è proprio così inutile in campo come molti credevano e anzi, se ha spazio, può far vedere che questa maglia la merita.

Dalot, che finora era un rincalzo di Calabria e che si era sacrificato a destra in un ruolo per nulla suo, ha fatto vedere che non ha le gambe e la potenza esplosiva di Theo, ma sa fare il terzino, mette cross interessanti e se li capita sa anche segnare. 

Diaz, su cui forse c’era un rigore per assalto del difensore inglese, è un brevilineo che calcia poco, ma ha velocità, ha intuizione e ha gran voglia di guadagnarsi una fetta di Milan. 

Kjaer, che un anno fa era una scommessa, è un leader assoluto. Nonostante condizioni non perfette marca sempre sulle palle alte e non sbaglia quasi mai i tempi dell’uscita e infine porta la carica fino in fondo, diventando l’ariete in più che serve sulle palle alte.

Ora in attesa che mister Pioli possa avere i suoi pilastri effettivi (Bennacer, Theo Hernandez, Rebic, Calhanoglu e Ibrahimovic) ci sono 5 scommesse vinte, che hanno voglia di dare ancora tanto in campo per il Milan.

Con un plauso speciale per Pioli, che ieri sera potrebbe aver solo creato un piccolo muretto continentale in attesa che un giorno, magari all’Old Trafford, si possa tornare a giocare quelle sfide d’alto bordo come vent’anni fa.

ACMilan