Matthias Sindelar: il giocatore simbolo che si oppose a Hitler

Il nome Matthias Sindelar al giorno d’oggi sembra non dirci nulla, ma basterà fare una breve ricerca sul web e leggere “Una casacca di seta blu” di Paolo Frusca per capire che Sindelar non fu e non è mai stato uno qualsiasi. Lui rappresenta l’uomo che si oppose a Hitler e alla Gestapo. Una delle tante storie che poco conosciamo, ma che sono l’emblema della disgrazia che colpì l’Europa: il nazismo.

Bela Guttmann: carriera e trofei

Io ho conosciuto Matthias Sindelar, alias “cartavelina Sindelar“, perché nel libro recente di Paolo Frusca si parla di un ragazzino d’origine austriaca, il cui talento calcistico è accostabile niente poco di meno che al nostro Messi. Paolo Frusca racconta nel suo romanzo storico-sportivo (il suo primo inedito) la storia biografica di Bela Guttmann, ex giocatore dell’Ungheria e successivamente allenatore, che modificò il calcio degli anni ’50 e che portò al successo una squadrone del calibro del Benfica di Eusebio con due Coppe dei Campioni vinte. Personaggio imperterrito e dispotico, narcisista e innovatore, esuberante e allo stesso tempo scorbutico. Bela Guttmann per certe idee calcistiche e per la loro applicabilità anticipa di quasi cinquant’anni l’evoluzione del calcio moderno, e in particolare la commistione di quello olandese e sacchiano. La palla deve correre fra i piedi e non deve essere seguita; nel calcio vince chi fa un goal più dell’avversario; gioco corale fatto di passaggi ravvicinati; smarcarsi in possesso palla; marcare in fase difensiva. Uno che incarna l’archetipo di Herrera e Mourinho, ma che aveva la visione offensiva di Sacchi e del calcio dei “tulipani”.

L’allenatore magiaro è sicuramente stato uno degli innovatori del calcio tattico e ha conosciuto nella sua carriera tantissimi momenti di alti e bassi, comparendo anche in Italia e allenando il Padova e la Triestina nel 1949-50, dove ottenne buoni risultati, ma senza vincere mai nulla e anche il Milan nel 1953 (fece esordire Cesare Maldini e scoprì il trio Gre-No-Li e Schiaffino).

Sarà poi in Brasile, che la sua figura diventerà emblema di un calcio brasileiro sempre radioso, ma più disciplinato. Inoltre introdusse lo schema tattico del 4-2-4 che portò al Brasile campione del mondo nel 1958.

Sulla figura di Guttmann – ottimo sarebbe leggere la recensione del libro – c’è tanto da dire e da conoscere. E sicuramente il libro di Paolo Frusca rispolvera quelle menti geniali e carismatiche che il calcio di oggi ci ha nascosto e celato.

Matthias Sindelar chi è

Ora, nel libro di Paolo Frusca, un’importanza non da poco è quella attribuita a Matthias Sindelar più volte soprannominato “cartavelina“. Erroneamente ritenuto di origine ebraiche, Matthias Sindelar fu un giocatore austriaco che incantò – sì è proprio il caso di dirlo – le platee europee dal 1918 al 23 gennaio 1939. Proprio di lui si parla nel libro di Paolo Frusca nel capitolo 7. Il soprannome era dovuto al fatto che dal punto di vista della muscolatura era esiguo e in campo sembrava leggero come una “cartavelina”. Centrocampista e fantasista, il ragazzo incantava per le finte sfumate e aggraziate e per i colpi di classe. Non era un goleador, ma possedeva quel tiro “alle foglie morte” che solo i fuoriclasse hanno. I suoi coetanei gli hanno riconosciuto anche una sorprendente velocità d’esecuzione, agilità e capacità di dribbling con palla al piede e infine un tiro potente e chirurgico. In campo preferiva non andare a contrasto, ma giostrare la sfera per servire il compagno sottoporta o per allargare l’azione. La sua posizione era quella di un centroattacco o oggi diremmo “falso nueve” che attirava su di sé gli avversari per poi smistare il pallone o concludere se fosse stato libero.

Nella sua carriera giocò con il famoso “Wunderteam” austriaco senza vincere il Mondiale del ’34 (dubbi di pressione fascista sulla semifinale persa per 1-0 contro l’Italia) e in tutto giocando 43 partite con 25 vittorie, 11 pareggi e 7 sconfitte. Stella indiscussa della squadra bianco e rossa Sindelar divenne protagonista di un 5-0 alla Germania, di un 6-0 sempre contro i tedeschi e di un 8-2 all’Ungheria. In Austria giocò con l’Hertha Vienna quando era giovincello e poi anno dopo anno si affermò con leader dell’Austria Vienna. Con la squadra viola vinse cinque coppe d’Austria e due coppe dell’Europa Centrale. Lo corteggiarono moltissime squadre europee e affrontò nelle coppe continentali sia la Juventus (vincendo per  3-0) e l’Inter (battuta in finale di ritorno per 3-1 con tripletta personale). Ha giocato anche contro il Bologna sempre in Coppa Europea con un doppio 7-2 dove è protagonista indiscusso fra assist e goal.

Perché è famoso Matthias Sindelar?

Il mondo del calcio è una fabbrica di talenti che contraddistinsero ogni epoca storica. Perché allora parlare proprio di Sindelar?

Era il 3 aprile 1938 e durante l’Anschluss (l’annessione) fra Germania e Austria i dirigenti nazisti e quelli austriaci filo-nazisti decisero di festeggiare l’evento con una partita amichevole: o altrimenti detta della riunificazione Ma per il popolo austriaco quella non poteva certo essere un’amichevole qualunque. Era chiaro che ci fosse una tensione altissima fra coloro che parteggiavano per il Terzo Reich e quelli che invece almeno moralmente se ne opponevano. Stampa giornalistica e giocatori compresi.

Quella era l’ultima volta che l’Austria poteva giocare con il proprio simbolo e i propri colori. In cambio, però, l’Austria doveva concedere gli onori della vittoria ai teutonici. L’Austria poi  sarebbe diventata l’Ostmark.

La sfida si prolungò per uno 0-0 a senso unico, con Sindelar capitano e simbolo della negazione dell’annessione, a sbeffeggiare i tedeschi e a sbagliare volutamente sotto porta. Poi al minuto ’70 lo stesso siglò la rete del vantaggio e poi contribuì fino al 2-0 dell’ex Wunderteam. Gli accordi furono disattesi e addirittura Sindelar non accettò di fare il saluto nazista a fine partita come concordato.

Chiuse con questa sfida la sua carriera in Nazionale, anche perché rinnegò la convocazione del nuovo ct dei tedeschi e non giocò mai più per la propria nazione.

Pochi mesi dopo, il 23 gennaio 1939 il fuoriclasse fu trovato morto insieme alla sua compagna italiana (di religione ebraica) a causa di una fuga di gas. Ma chi andò a quel funerale (fra cui lo stesso Guttmann) aveva capito che la versione ufficiale non corrispondeva alla realtà. Gli è stata poi data dal Partito Nazista (che non voleva oltraggiare una figura così popolare) una tomba d’onore, che ancora oggi è ammirabile a Vienna.

Matthias Sindelar rappresenta una delle tante storie da recuperare e far conoscere alle nostre generazioni e a quelle future. Che si sappia cosa rappresentò la tragedia dell’imperialismo nazista, come influenzò anche la vita dello sport oltre a quella sociale dell’Europa. Quale clima di terrore e persecuzione afflisse il continente e quali sensazioni di sconforto e arrendevolezza vissero sulla propria pelle gli uomini di quel ventennio. Tutto questo prima che si arrivasse al massimo del disumano: la shoa.