Sergio Perez: la favola che rischia di interrompersi sul più bello

La vittoria del messicano di domenica scorsa premia la crescita di un pilota che forse non vedrà premiati i suoi meriti per un posto in un top team nel 2021

Sergio Perez: carriera

Il successo di Sergio Perez nel Gp di Sakhir è stato il giusto premio per un pilota che in questi ultimi anni ha mostrato una crescita importante. Cresciuto nella Ferrari Driver Academy, al debutto con la Sauber aveva dimostrato buoni guizzi velocistici alternati però da errori fisiologici per un pilota alle prime armi: fra i primi, come non ricordare, il secondo posto a Sepang nel 2012 dietro la Ferrari di Alonso. Già all’indomani di quell’exploit, si era parlato di un Checo accanto allo spagnolo per la stagione successiva, salvo poi firmare con la McLaren in sostituzione di Hamilton.

Molte erano le aspettative riposte su di lui all’arrivo nel team di Woking viste le premesse. Ma, vuoi per una monoposto da centro classifica, vuoi per un eccesso di foga, il 2013 per Perez fu una stagione molto difficile non solo dal punto di vista dei risultati, ma anche dal punto di vista personale: la sua esuberanza, unita ad un carattere all’epoca molto impulsivo gli si era infatti ritorto contro; venendo al termine di quell’anno sostituito con Kevin Magnussen.

Già allora la sua carriera sembrava ad un binario morto, perché il passaggio in Force India nel 2014 venne da molti visto come un ridimensionamento. Invece, nel team di Silverstone il messicano ha vissuto una crescita che lo ha visto protagonista in positivo, correndo quasi sempre gare nella top ten; approfittando di ogni opportunità per salire sul podio. A riprova di ciò, il confronto con i compagni di squadra succedutisi in Force India, con un rendimento spesso superiore, in una sfida interna che ha giovato alla scuderia indiana per avvicinarsi sempre di più ai top team.

Ma non è stato solo in pista che Checo è stato importante per la scuderia. A metà del 2018, infatti, con la scuderia in difficoltà finanziarie a causa delle vicende del patron Vijay Mallya, i membri del team si erano ritrovati senza stipendio con il concreto rischio di chiusura per il team: per garantirne la continuità, fu proprio Perez a far mettere la scuderia in amministrazione controllata con una scelta dolorosa ma necessaria, senza la quale probabilmente non sarebbe intervenuta la cordata guidata da Lawrence Stroll a rilevare tutta la struttura salvando di fatto la scuderia dal fallimento.

Non deve perciò sorprendere che sia stato proprio Perez a regalare il primo successo a quella scuderia che lo ha rilanciato nel panorama della F1, garantendone al contempo la sopravvivenza, con una solidità finanziaria e tecnica. Ed è anche in quest’ottica che deve essere vista la decisione da parte di Aston Martin di rientrare nel Circus acquisendo l’attuale Racing Point e non certo per recitare un ruolo da comparsa: prova ne sia l’ingaggio di Vettel al posto dello stesso Perez.

Sergio Perez: futuro

Ma nonostante il suo impegno dentro e fuori dalla pista, è ormai certo che Checo (31 anni a gennaio) la prossima stagione non sarà in griglia con un team di prim’ordine, quale la Red Bull. Infatti, non ha fatto mistero di ambire al volante della squadra anglo-austriaca, alla luce soprattutto dei risultati ottenuti in questa stagione al volante di una macchina comunque valida che – salvo soprese – lo vedrà terminare al quarto posto nella classifica generale (dietro le Mercedes e Verstappen), pur avendo corso due gare in meno a causa dello stop dovuto al Covid. Per questo, dispiace che un pilota come il messicano, che saluterà la Racing Point dopo la gara di Abu Dhabi non riesca a trovare un volante competitivo dovendosi prendere un anno sabbatico in attesa di tornare in griglia nel 2022 con la rivoluzione regolamentare.

Un mondo, quello della Formula 1 in cui i meriti del pilota non sono quasi più una garanzia di permanenza ma, piuttosto, si preferisce spesso puntare su un pilota che porti soldi a discapito dell’effettivo talento.

A cura di Francesco Lenti