Olimpia Milano: storia di un grande amore

La storia dell’Olimpia Milano inizia, ufficialmente, 84 anni fa e vede al suo interno il succedersi di numerose figure, presidenti, coach e giocatori che hanno scritto pagine di basket fondamentali portando la squadra milanese ad essere la squadra maschile italiana più titolata con 28 scudetti, 6 coppe Italia, 3 super coppe italiane, 1 coppa intercontinentale, 3 EuroLeghe, 3 Coppa delle Coppe e 1 Coppa Koràc.

1936: chi ha fondato l’Olimpia Milano

L’anno di fondazione della squadra che viene riconosciuto da tutti, e che ancora oggi compare nel logo ufficiale è il 1936, anno nel quale l’Olimpia Milano conquistò il suo primo scudetto.
La storia della squadra, in realtà, iniziò sei anni prima, nel 1930, su iniziativa del Conte Borletti che decise di formare una squadra di impiegati della sua azienda denominandola “Dopolavoro Borletti”, la quale nel 1936, appunto, si aggiudicò il suo primo scudetto sotto la
guida dell’allenatore Giannino Valli.

Dal 1936 al 1939 la “Dopolavoro Borletti” si aggiudicò 4 scudetti, ma nel giro di pochi anni si trovò ad essere retrocessa in Serie B.
Negli stessi anni, però, Adolfo Bogoncelli fondò un’altra squadra nel capoluogo lombardo la “Triestina Milano” , sovvenzionata totalmente dal Partito d’Azione. Lo stesso partito che però solo nel 1946 smise di finanziarla costringendo il fondatore a trasferire la squadra a Como iscrivendola comunque nel campionato maggiore italiano.
Nel 1947 Bogoncelli vedendo le difficoltà della “Dopolavoro Borletti”, ormai relegata in serie B decise di fonderla con la sua squadra, diventando presidente e affidando all’ azienda Borletti, il ruolo di primo sponsor dello sport italiano e il ruolo di giocatore/allenatore a Cesare Rubini, nacque così la squadra denominata “BorOlimpia”.
Nel 1956, dopo aver vinto 9 scudetti, la squadra cambiò sponsor con l’ingresso in società della Simmenthal, nel frattempo Cesare Rubini assunse il ruolo definitivo di coach ed è proprio durante quella stagione che il presidente Bogoncelli, con l’intuizione di far indossare ai giocatori delle scarpe rosse in partita, diede vita alla definizione di “scarpette rosse” che ancora oggi identifica inequivocabilmente la squadra meneghina.

1966: La prima Coppa dei Campioni

A partire dal 1956 sotto sponsor Simmenthal la squadra ottenne 7 scudetti in 10 anni ma è il risultato internazionale che mancava al palmares della squadra, nel 1964 l’Olimpia lo sfiorò raggiungendo la semifinale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid, persa poi per differenza canestri.
Il 1966, fu però, l’anno della vera svolta, Bogoncelli, infatti oltre all’americano Skip Thoren, ingaggiò come giocatore non utilizzabile nel campionato, ma solo in competizione europee, il futuro senatore degli Stati Uniti, Bill Bradley.
L’Olimpia, durante quella stagione, raggiunti i quarti di finale, organizzati a quei tempi in due gironi da quattro squadre, sconfisse al Palalido il Real Madrid per 93-76 con 40 punti di Nane Vianello e 27 di Bradley, e si qualificò così per le Final Four.
La squadra milanese dopo aver sconfitto il CSKA Mosca, raggiunse la finale contro lo Slavia Praga, ed è il 1 aprile 1966 in piazza Azzarita a Bologna che l’Olimpia vince la sua prima Coppa dei Campioni con il risultato di 77 a 72.

Olimpia: fine dell’era Simmenthal

Gli anni ’60 e l’inizio degli anni ‘70 sono ricordati anche, per la forte rivalità che contrapponeva Milano alla squadra Varesina Ignis, uno scontro tutto lombardo che portò le due squadre a scontrarsi in cinque finali scudetto, con un risultato di 2 scudetti vinti dall’Ignis e 3 scudetti vinti da Milano, con partite illuminate spesso dalle prestazioni del
giocatore statunitense Arthur Kenney.
Dopo 17 anni e 10 scudetti conquistati la Simmenthal lasciò la posizione di sponsor dell’Olimpia Milano, al suo posto subentrò l’azienda metallurgica Innocenti e la panchina passò a Filippo Faina, il colore sociale dallo storico rosso diventò azzurro.
Il nuovo sponsor durò solamente tre anni, e nel 1976 subentrò la Cinzano, durante quell’anno l’Olimpia conquistò la Coppa delle Coppe, ma fu anche l’anno della retrocessione in serie A2.
L’anno 1977 segnò la risalita della squadra meneghina nelle serie A1,con un nuovo cambio sponsor da Cinzano a Billy e segnò anche la fine della presidenza Bogoncelli, il quale con un ultimo colpo di mercato portò a Milano coach Dan Peterson.

I magnifici anni ‘80 e il grande Slam

Nel 1980, finita la presidenza Bogoncelli, la proprietà della squadra passò nelle mani della famiglia Gabetti, che decise di portare a Milano tra le polemiche il trentaduenne Dino Meneghin, fino ad allora in forza alla Pallacanestro Varese, lui insieme a giocatori, tra gli altri, del calibro di Mike D’Antoni, Vittorio Ferracini, Vittorio Gallinari e Roberto Premier
sotto la guida di coach Peterson segneranno il decennio più roseo dell’Olimpia Milano.
Nel 1982 con la squadra riformata dal nuovo coach le scarpette rosse si aggiudicarono il ventesimo scudetto della storia Olimpia.
Dopo lo scudetto del 1982 la squadra milanese in quegli anni ne aggiunse altri quattro al suo palmares, nell’ 85, nell’86, nell’87 e nell’89.
È il 1987, però, che ancora oggi i tifosi storici raccontano come l’anno indimenticabile della storia Olimpia, è proprio quell’anno infatti che la squadra, passata sotto sponsor Tracer compie il “grande slam”.
Il primo trofeo conquistato quell’anno fu la Coppa Italia, a marzo, battendo le squadre Scavolini e Divarese.
Successivamente la squadra di Dan Peterson, giocò per conquistare la Coppa dei Campioni e dopo aver passato con qualche difficoltà il turno degli ottavi di finale contro la squadra la Murray BC Edinburgh, approdò ai quarti di finale contro la formazione dell’Aris Salonicco e dopo una disastrosa partita in terra greca, con un risultato di +31 punti per gli
avversari, al Palatrussardi di Milano andò in scena la rimonta meneghina con il risultato finale di 83 a 49.
L’Olimpia Milano approdò così alla semifinali, e dopo aver battuto squadre come Maccabi Tel-Aviv, Kaunas e Real Madrid centrò il tanto sperato obbiettivo della finale contro il Maccabi, ed è il 2 Aprile 1987 a Losanna davanti a 10.500 persone che le scarpette rosse alzarono al cielo la seconda Coppa dei Campioni della loro storia, rendendo
giocatori come D’Antoni, McAdoo, Barlow, Meneghin e Premier gli eroi di quella notte nella storia del basket milanese.
Infine, per completare il grande slam mancava il titolo nazionale, e in una finale, organizzata per la prima volta al meglio delle cinque partite, l’Olimpia Milano riuscì a portarsi immediatamente sul 3 a 0 nella serie contro la Mobilgirgi Caserta, vincendo così il terzo titolo della stagione.
La stagione seguente, 1987/1988, si apre con un ennesimo successo, la vittoria della Coppa Intercontinentale contro Barcellona per 100 a 84. Questo sarà solo il primo trofeo della stagione, infatti, nonostante il secondo posto in campionato l’Olimpia Milano riuscirà ad aggiudicarsi per il secondo anno consecutivo la Coppa dei Campioni a Gand contro il solito Maccabi per 90 a 84, sotto la guida del nuovo coach Franco Casalini.

Gli anni 90 e la crisi del 2000

Nel 1994 dopo anni di soli buoni piazzamenti ma senza trofei conquistati, proprietario e sponsor della squadra diventò Bepi Stefanel, il quale si prefisse l’obbiettivo di riformare la squadra, in panchina arriva Boša Tanjević e grazie ai suoi giocatori,tra gli altri Dejan Bodiroga, Gregor Fučka, Flavio Portaluppi e Ferdinando Gentile, arrivò la vittoria
della Coppa Italia e del venticinquesimo scudetto.
Ricordiamo i protagonisti: Gentile, Rolando Blackman, Bodiroga, Fucka, Cantarello, Portaluppi, Sambugaro, DePol, Alberti.
L’anno seguente l’Olimpia mantiene la sua struttura invariata, esce solo Blackman, ed al suo posto entra Bowie (entrambi NBA), arriva ad un passo dalle final four di Eurolega, sconfitta dall’Olimpia Lubiana di Darko Milic e dagli infortuni che ne segnano la seconda parte di stagione. Gli anni che seguirono furono anni di grandi e continui cambiamenti a livello societario che non permisero alla squadra di giocare con continuità, subentrò infatti, l’italo americano Pasquale Caputo con Joe Bryant, padre di Kobe, ma solamente un anno dopo la squadra venne rilevata da una nuova dirigenza con a capo Sergio Tacchini, e infine nel  2002 la società passò nuovamente ad un nuovo proprietario, Giorgio Corbelli.
Nella stagione 2003/2004 l’Olimpia Milano, non raggiunse i risultati sperati, non arrivando nemmeno nella qualificazione per i playoff,nel frattempo si susseguirono sempre più insistenti le voci di una crisi economica della società e della conseguente cessione dei diritti, la situazione venne risolta grazie ad una manifestazione svoltasi il 2 Giugno di quell’anno in piazza della Scala, la quale suscitò l’interesse  per le sorti della stessa da parte della famiglia Moratti, di Adriano Galliani, del Sindaco di Milano Albertini, e da parte di Giorgio Armani, che divenne sponsor con il marchio Armani Jeans.

L’inizio dell’era Armani

Il 2004 sembrò essere l’anno della risalita nel campionato italiano da parte dell’Olimpia Milano, la presidenza rimase nelle mani di Giorgio Corbelli e in panchina venne chiamato Lino Lardo, il primo anno con il nuovo sponsor Armani Jeans, regalò così la qualificazione alla finale scudetto, persa poi contro la Fortitudo, e la qualificazione in Eurolega.
Nella stagione successiva però, i risultati non confermarono le aspettative create. La squadra si qualificò settima in campionato e non riuscì ad andare oltre il primo turno di Eurolega, durante la stagione vi fu, inoltre, l’esonero di Lino Lardo e l’arrivo di Aleksandar Djordjevic in panchina, in contemporanea arrivò a Milano anche Danilo Gallinari, che nella stagione successiva fu uno dei giocatori chiave per la qualificazione in semifinale scudetto.

Nel 2008, la panchina venne affidata ad Attilio Caja e la presidenza della società, dopo le dimissioni di Corbelli, passò totalmente nelle mani di Giorgio Armani, che l’anno successivo rifondò la squadra, dopo l’addio per l’NBA di Danilo Gallinari. Arrivarano a  Milano David Hawkins, Mason Rocca e Marco Mordente, e la panchina fu data a un nuovo coach: Piero Bucchi. La squadra si classificò sesta in campionato accedendo dopo dei combattuti playoff alla serie finale contro la Montepaschi, persa poi in gara 3, stessa serie playoff di finale che si ripeterà l’anno successivo con l’ennesimo successo della squadra senese.
Nel 2011 dopo una serie di risultati deludenti venne richiamato in panchina al posto di Piero Bucchi, coach Dan Peterson, che porta la squadra milanese a qualificarsi alla semifinale scudetto persa poi contro Cantù, l’anno successivo vi è un ulteriore cambio in panchina che
questa volta venne affidata al coach bresciano Sergio Scariolo, che inserì nel suo roster, giocatori come Nicolò Melli, Omar Cook, Antonis Fotsis e Leon Radosevic e successivamente Alessandro Gentile, squadra che riuscirà a qualificarsi tra le top 16 di Euroleague e a
raggiungere la finale scudetto sempre contro Siena, persa poi in gara 5.

La stagione successiva, vide l’addio di coach Sergio Scariolo, dopo la finale persa in Gara 7 sempre contro la Montepaschi, e l’arrivo in panchina di Luca Banchi, il quale grazie all’arrivo di giocatori come Daniel Hackett, David Moss, Samardo Samuels, Curtis Jerrells e Keith Langford riuscì a portare la squadra a qualificarsi ai playoff di Eurolega, e, dopo 18 anni, a vincere il ventiseiesimo scudetto contro la Mens Sana Siena, rimane memorabile di quella serie il buzzer beater di Curtis Jerrels in gara 6, ricordato ancora oggi come “the shot”.

La stagione 2014/2015 dopo la vittoria dello scudetto, segnò la partenza dei suoi grandi protagonisti, Jerrels Langford e Lawal, e si rivelò una stagione piuttosto fallimentare dal punto di vista dei risultati, perdendo anche la in gara 7 la semifinale scudetto contro la Dinamo Sassari, e a causa di ciò la panchina si rivoluzionò nuovamente ed arrivò Jasmin Repeša.
Sotto la guida del nuovo allenatore la squadra venne totalmente stravolta, rimasero infatti solamente il capitano Alessandro Gentile e l’argentino Bruno Cerella, e arrivarono tra gli altri Andrea Ciciarini, attuale capitano dell’Olimpia Milano, Krunoslav Simon e Rakim Sanders, con questo nuovo roster arrivò anche la Coppa Italia, il ventisettesimo scudetto conquistato contro Reggio Emilia, e la prima Supercoppa italiana della storia dell’Olimpia Milano.

2017: l’addio di Gentile e Simone Pianigiani

A inizio 2017 la squadra milanese vide la partenza del capitano della sua rinascita, Alessandro Gentile tra le polemiche. Clima che condizionò irrimediabilmente la stagione, si concluse con un ultimo posto in Eurolega e l’uscita in semifinale scudetto contro l’Aquila Basket Trento.
Dopo la stagione deludente, arrivò un nuovo coach Simone Pianigiani, con lui la Supercoppa Italiana contro la Reyer Venezia e il ventottesimo scudetto, conquistato in campo da giocatori come Mantas Kalnietis, Jordan Theodore, Andrew Goudelock, Dairis Bertans, e Valdimir Micov.
La penultima stagione svoltasi, si è aperta con la conquista della Supercoppa Italiana, ma si è conclusa con una deludente serie playoff, persa alle semifinali contro la Dinamo Sassari, con questa sconfitta Simone Pianigiani è obbligato a lasciare la guida della squadra
milanese.

Olimpia Milano: l’era Messina

A giugno di quest’anno la panchina viene affidata, infine, ad Ettore Messina, e nonostante l’improvvisa chiusura del campionato  e la sospensione, per ora momentanea dell’Eurolega, il suo arrivo sembra aver aperto una nuova era in casa Olimpia, che noi tifosi non vediamo l’ora di vivere per continuare a scrivere le pagine di una
storia di una squadra che fino a qui è stata meravigliosa.

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A cura di Valentina Silva